A Treia, nelle due settimane che precedono la prima domenica di agosto, si gioca La Disfida del Bracciale, una delle più particolari rievocazioni storiche italiane che vede il suo periodo d’oro nei primi anni dell’Ottocento che è secolo di grandi cambiamenti sociali e politici. Ricordandone i fasti, la città si tuffa in un’atmosfera di altri tempi, vestita a festa e rallegrata da addobbi ed arredi dai colori tipici dei suoi quartieri: Onglavina (giallo), Cassero (verde), Vallesacco (viola) e Borgo (azzurro). “Tornano” gli zingari, in ricordo della comunità di nomadi che dimoravano nel quartiere più antico della città che conserva resti di origine longobarda. Gli artigiani cordai e tessitori tornano alle proprie botteghe ed i nobili a passeggiare per le vie mentre i contadini vestiti a festa portano in città frutta, verdura e animali da cortile.
Ogni sera il centro storico si arricchisce di spettacoli, musica, animazione e teatro. Nelle taverne, aperte fino a tarda notte, vengono serviti menu d’epoca come i tagliulì pilusi, la crescia croccante con erbe di campo, saporiti formaggi, ciauscolo, calcioni e il tutto accompagnato da olio extravergine di oliva e locali vini D.O.C. e D.O.C.G.
Domenica è il giorno della Disfida e la città si anima del corteo storico, delle grida dei tifosi e dello spettacolo pirotecnico.
Le origini del gioco del pallone con il bracciale sono assai remote tant’è che era già particolarmente in uso presso i Greci. Nel XVI secolo, in Italia, il gioco era in piena fioritura e per iniziativa di alcuni principi e municipi furono eretti sfneristeri di architettura classica, poi teatri di sfide famose, anche se sono i secoli XVIII e XIX quelli della costruzione delle arene testimoni delle più memorabili sfide, tra cui il più maestoso sferisterio d’Italia: lo Sferisterio di Macerata. In alternativa a questi campi di gioco, si giocava lungo i bastioni delle fortezze o sulle pubbliche piazze ove si costruivano palchi monumentali per il pubblico di uomini d’armi, aristocratici, capitani e nobildonne. Signori e principi del XVII secolo seguitarono a favorire questo gioco per via del grande pubblico, dell’entusiasmo che suscitava, della solennità che aggiungeva alle feste ed il lustro che tutto ciò dava loro. Il gioco del bracciale veniva praticato quasi esclusivamente dai nobili o per lo meno da persone che potevano disporre di tempo libero da dedicare a questo tipo di svago, tuttavia i figli del popolo, usando l’ingegno, cominciarono a giocare lungo le mura del paese utilizzando al posto del bracciale una rudimentale tavoletta ed al posto del pallone delle palline di stoffa dette cimose.
I campionati italiani di pallone grosso al bracciale (con squadre sono composte da cinque elementi, un conteggio punti simile al tennis, una partita divisa in frazioni con 4 giochi) ebbero inizio nel 1936 nello Sferisterio di Macerata. Suddivisi in due categorie, dilettanti e professionisti, si svolgevano un sabato e una domenica in una località dell’Italia centrale dove convivevano le più forti squadre del momento. Nella storia treiese il bracciale fu importante sia per l’interesse che suscitava fra la gente che, soprattutto, per gli incredibili successi che le squadre locali ottenevano ovunque.